In Italia, un po’ ovunque, durante la seconda guerra mondiale e la lotta di liberazione le opere salesiane ebbero un ruolo attivo, in sintonia con la missione specifica e in profonda solidarietà con le popolazioni. In alcune regioni, come il Piemonte, le parti contrapposte scelsero i salesiani come mediatori in situazioni critiche. L’articolo documenta le modalità del loro impegno civile, i sentimenti e le motivazioni interiori con cui affrontarono gli eventi e la prospettiva a partire dalla quale fecero le loro scelte. L’efficacia del ruolo svolto dai salesiani del Piemonte in questo drammatico periodo si deve principalmente a due fattori: il radicamento dell’opera nel territorio e la presenza in Torino della Direzione generale della congregazione. Il quadro che emerge dall’indagine documentaria permette innanzitutto di cogliere i valori ispiratori dei comportamenti adottati . Come appare dagli interventi animatori di don Ricaldone e dalle scelte dei salesiani, le sofferenze e i drammi della popolazione furono percepiti come appello all’oblatività generosa e stimolo a una rinnovata fioritura operativa. In quest’ordine risulta determinante l’azione di governo del Rettor maggiore, lucido ed efficace coordinatore di interventi a raggio globale e locale. Sotto la sua guida i figli di don Bosco non si limitarono a subire, ma affrontarono gli eventi con l’attitudine mentale dell’educatore che cerca la via di mezzo, privilegia il dialogo, si coinvolge personalmente, facendo appello al cuore, alla ragione e ai comuni valori morali. La rete di simpatie e di intese e la singolare capacità di penetrazione dei salesiani nelle varie componenti sociali, risultò uno strumento facilitante negli interventi umanitari e nelle trattative, con esiti di singolare efficacia per singole persone e intere collettività. Il soccorso agli indigenti e ai perseguitati, gli interventi chiarificatori e di negoziato tra le parti, l’assistenza religiosa e logistica agli uomini impegnati nella lotta di liberazione, configurano una sorta di resistenza “civile” nei confronti di ogni tipo di violenza e di dissoluzione sociale e morale.
INDICE:
- 1. Il radicamento dell’opera salesiana nel territorio piemontese
- 1.1. I Salesiani e il Piemonte
- 1.2. La Direzione Generale delle Opere salesiane a Torino
- 1.3. I rapporti col Vaticano e col governo italiano
- 2. Il ruolo di don Pietro Ricaldone
- 2.1. Interpretazione dei fatti e indirizzi operativi
- 2.2. Atteggiamento nei momenti critici
- 3. Il contributo delle Opere salesiane del Piemonte nella crisi 1943-1945
- 3.1. Soccorso a fuggitivi, perseguitati, indigenti
- 3.2. Moderazione degli animi e mediazioni per lo scambio di ostaggi e prigionieri
- 3.3. Due casi esemplari: il collegio di Lanzo e la scuola agraria di Canelli
- 3.4. Salesiani e partigiani
- Conclusioni
Periodo di riferimento: 1940 – 1945
A. Giraudo, L’apporto dei salesiani nell’Italia lacerata dalla guerra (1940-1945). Le case del Piemonte, in F. Motto (a cura di), Salesiani di don Bosco in Italia. 150 anni di educazione, LAS, Roma 2011, 291-323.
Istituzione di riferimento:
Associazione Cultori Storia Salesiana (ACSSA)