Le celebrazioni che si tennero per la canonizzazione di don Bosco nel 1934 a Roma e a Torino dalla domenica di Pasqua a quella dell’ottava, rilette oggi nelle cronache del tempo suscitano facilmente l’idea che siano state come un suggello spettacolare dell’accordo finalmente raggiunto in Italia tra la Chiesa e lo Stato, sotto il regime fascista. D’altra parte nel ricordo dei salesiani superstiti che vi parteciparono quelle giornate rimangono fisse alla mente come un evento indimenticabile: fu l’apoteosi, desiderata e finalmente celebrata, del loro santo fondatore. Allora si trovarono insieme gerarchi fascisti con prelati della Chiesa, organizzazioni cattoliche e squadre fasciste. L’idea che si sia allora consolidata in Italia una sorta di articolazione organica tra istituzioni ecclesiastiche e statali, religiose, politiche ed economiche è suggerita ampiamente dall’esame delle persone che vi parteciparono e delle immagini che si suggeriscono. Non si trattò tuttavia del risultato improvviso di eventi nati negli anni del concordato e maturati poi in pieno clima di consenso fascista. Risalendo infatti al passato è possibile cogliere già nella vita di don Bosco atteggiamenti e comportamenti che paiono come il preludio naturale di quanto avvenne alla sua canonizzazione. Le manifestazioni per la canonizzazione di don Bosco risultarono innegabilmente un’amalgama di elementi diversi, disparati, in parte occasionali e giustapposti, in parte articolati. Sicuramente giovarono tanto al fascismo, quanto alla Chiesa e ai salesiani in
particolare. Questi poterono consolidare le proprie opere, non solo in Italia, e garantirsi un alone di consenso sempre più largo e capillare a mano a mano che aumentavano i loro ex allievi sia
nell’apparato pubblico sia in genere tra i professionisti, gli imprenditori, gli operai nel sistema sociale ed economico di allora. Ci fu senza dubbio una certa saldatura con il sistema dominante: ma tutto sommato fu parziale, temporanea e ipotetica, subordinata a istanze religiose non completamente risolvibili in un quadro organico sia del fascismo sia del capitalismo italiano. Il crollo del fascismo, quello della monarchia e le trasformazioni notevoli del sistema mondiale finirono per mutare notevolmente anche le forme di rapporto dei salesiani con l’imprenditoria industriale italiana. Alla fin fine, la canonizzazione poteva realizzarsi anche in altri momenti e in diverse congiunture economiche e politiche. In tale
ipotesi, si può ben scommettere che comunque la proclamazione di don Bosco santo avrebbe lasciato sostanzialmente il medesimo segno nelle istituzioni che per una logica strutturale interna l’avevano promossa.
Periodo di riferimento: 1895 – 1945
P. Stella, La canonizzazione di don Bosco tra fascismo e universalismo, in Don Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di F. TRANIELLO, SEI, Torino 1987, pp. 359-382.
Istituzione di riferimento:
Centro Studi Don Bosco