Il teologo, canonico, Lorenzo Gastaldi sul finire degli anni quaranta apprezzava e sosteneva l’opera degli oratori di don Bosco, la elogiava sulla stampa, lasciava che la mamma e la sorella accudissero i ragazzi dell’Oratorio di Valdocco e partendo come rosminiano per l’Inghilterra nel 1853 faceva testamento in favore di don Bosco. Di ritorno in Italia, continuò la stima verso don Bosco e la sua amicizia si intensificò con la collaborazione alla pubblicazione delle Letture cattoliche, con la predicazione ai ragazzi di Valdocco e ai salesiani, con l’insegnamento teologico a questi ultimi, con generose offerte per la chiesa di Maria Ausiliatrice.
Con tali precedenti si comprende come don Bosco lo indicasse al card. Antonelli come possibile vescovo ed in effetti il papa lo nominò nel 1867 alla sede di Saluzzo e successivamente, nel 1871, su nuova indicazione di don Bosco, arcivescovo di Torino.
A questo punto la “convivenza” fra le due forti personalità divenne difficile, la reciproca stima delle persone e delle opere diminuì, i rapporti divennero sempre più tesi e sfociarono in aperto contrasto, acuito dalla stampa laica ostile, ma anche da scritti di reciproci difensori religiosi, tutti con le loro buone ragioni. I motivi di dissenso o di aspro conflitto furono vari: concezioni ecclesiologiche diverse, diverso modo di intendere la formazione alla vita sacerdotale e religiosa, disaccordo sull’essere istituto religioso della Società salesiana e la sua configurazione giuridica, distinti punti di vista circa i privilegi ottenuti dal superiore della Società, diritti reali o pretesi da parte di entrambi, reclami giustificati o semplici puntigli, coinvolgimento volontario o meno in situazioni di conflitto di cui non avevano diretta responsabilità, ripercussione su di loro di polemiche altrui e di vicende in sé insignificanti ma che poterono ingenerare penosi malintesi e reciproche diffidenze. Al di là dei ruoli che esercitavano e dei simboli che rappresentavano, va poi considerato che erano persone di diversa indole e sensibilità, di differenti desideri, passioni e sogni; ma entrambi irriducibili combattenti, ugualmente inclinati al comando più che alla sottomissione, attenti ai risultati delle loro azioni più che ai facili consensi, non sempre disponibili ad incontrarsi, chiarire, conciliare, forse per reciproche delusioni, speranze frustrate, reali precomprensioni. Alle accuse di insubordinazione alla legittima autorità da una parte, rispondeva quella di persecuzione dall’altra, con la conseguenza che tutti i tentativi di mediazione, tanto locali quanto della Santa Sede, andarono falliti. Alla diatriba che si presenta come il classico scontro fra autorità e carisma, per di più in un’epoca dominata dall’ultramontanesimo, pose fine solo la “concordia” comandata dalla Santa Sede nel 1882.
Di tutta questa dolorosa vicenda pubblichiamo undici testi, quasi tutti lettere di don Bosco all’arcivescovo. In esse gli comunica la soddisfazione delle autorità civili per la nomina ad arcivescovo di Torino (n. 79), dilucida il senso dell’appro- vazione pontificia delle Costituzioni salesiane e la prassi formativa dei salesiani (n. 80), dissente sulle decisioni dell’arcivescovo in merito alle ordinazioni dei sacerdoti salesiani, specialmente tenuto conto di quante vocazioni diocesane sono uscite da Valdocco e dei propri personali interventi in favore delle nomina episcopale del Gastaldi a Saluzzo e Torino (n. 81), è dispiaciuto per le sofferenze dell’arcivescovo di cui non si sente responsabile (n. 82), difende il suo operato circa i corsi di esercizi spirituali auspicando di lasciar da parte le sollecitudini del meglio per combattere il male e promuovere il bene (n. 84), espone alcune riflessioni e precisa determinati fatti, chiedendo eventualmente le ragioni di un eventuale rifiuto (n. 85 ). Esterrefatto che in un colloquio personale non abbia potuto parlare al fine di discolparsi o rettificare quanto imputatogli – dopo tutto quello che aveva fatto per le due nomine vescovili – dichiara di non aver altro da aggiungere e chiede solo scusa dei dispiaceri arrecatigli (n. 86); successivamente domanda di rinnovargli la facoltà di confessare, scaduta, onde evitare scandali (n. 87). Segue una lettera di risposta circa una controversia sulle indulgenze deferita a Roma (n. 88), prima di un’ampia relazione a stampa sul finire del 1881 (n. 89) che costituisce un semplice esempio delle circonstanziate lamentele di don Bosco circa i comportamenti di mons. Gastaldi nei suoi confronti, delle quali già per il biennio di inizio episcopato torinese (1872-1874) aveva tracciato un minuzioso resoconto al Prefetto della Congregazione dei Vescovi e Regolari Salvatore Nobili Vitelleschi (n. 83). Si conclude la rassegna documentaria con la lettera di accettazione formale della “Concordia” (n. 90) che in realtà fu un armistizio fra i belligeranti, non una pace: una vera pacificazione degli animi, non ci fu. Restavano diffidenze o profonde ferite non rimarginabili da un atto che aveva in sostanza carattere notarile. La vera “concordia” si avrà solo con la morte improvvisa dell’arcivescovo il 25 marzo 1883 e con la concessione dei privilegi ai salesiani il 28 giugno 1884, dopo un lungo decennio di attesa.
Buona parte della corrispondenza di don Bosco e della documentazione relativa alla vertenza Gastaldi qui editata – così come quella ancor più abbondante di entrambi i personaggi esistente negli archivi e parzialmente pubblicata – è concepita in chiave piuttosto polemica, per cui la loro attendibilità risulta problematica e la loro interpretazione non semplice. Si rimanda dunque ancora una volta alle bio- grafie critiche dei due personaggi e a studi appropriati.
I rapporti fra don Bosco e mons. Gastaldi vissero due diverse stagioni, una di grande intesa e collaborazione, e una di notevoli difficoltà e contrasti. Lo spartiacque può essere considerato il trasferimento del Gastaldi dalla sede vescovile di Saluzzo a quella arcivescovile di Torino nel 1871.
Periodo di riferimento: 1871 – 1882
Istituto Storico Salesiano, Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera, LAS, Roma 2014, pp. 230-250.
Istituzione di riferimento:
Istituto Storico Salesiano