L’autore inizia citando critiche rivolte a Don Bosco e alla sua opera da parte dell’anticlericalismo torinese e anche da alcuni esponenti cattolici, evidenziando una sorta di disprezzo nei confronti della cultura popolare promossa da Don Bosco. Queste critiche si concentrano sull’idea che Don Bosco avesse abbandonato l’ispirazione evangelica per seguire direttive provenienti da Roma, promuovendo una cultura popolare clericale che sarebbe risultata artificiale e ipocrita. Anche il processo di canonizzazione di Don Bosco sollevò critiche riguardo alla presunta mancanza di rigore storico nelle biografie dei suoi discepoli.
L’autore osserva che tali critiche, sia da parte dell’anticlericalismo che da parte di alcuni cattolici, contribuirono a formulare un giudizio negativo sull’opera di Don Bosco nell’ambito dell’educazione popolare. Tuttavia, sottolinea che queste critiche riflettono un’ideologia aristocratica della cultura, che tendeva a marginalizzare la cultura popolare e i suoi sforzi educativi per le masse. L’autore ritiene che la storia della cultura popolare sia importante per comprendere l’impatto dell’azione intellettuale e politica sulle masse popolari, nonostante sia stata talvolta considerata un fenomeno marginale o sottoculturale. In particolare, analizza il ruolo del teatro popolare cattolico, riconducendo le sue origini e il suo sviluppo all’influenza e alle direttive di Don Bosco, che ha promosso forme di teatro educativo e filodrammatico attraverso le “regole pel teatrino” del 1858.
Periodo di riferimento: 1882 – 1889
S. Pivato, “Don Bosco e il teatro popolare” in “Don Bosco nella storia“, a cura di Mario Midali, LAS, Roma 1990, 427-437.
Istituzione di riferimento:
Università Pontificia Salesiana (UPS)