L’apertura delle Scuole Professionali da parte di Don Bosco portò immediatamente al problema delle maestranze tecniche. Se inizialmente Don Bosco si era accontentato di mezzi di fortuna per soddisfare le esigenze del momento, non continuò a fare affidamento al caso. Si impegnò subito a trovare guide qualificate per i suoi giovani, permettendo loro di avere una maggiore libertà di movimento e garantendo al contempo il successo nell’apprendimento. Non avendo esempi da seguire, Don Bosco si accontentò di compromessi iniziali, che almeno lo convinsero della necessità di istituire tali scuole. Inizialmente coinvolse maestri d’arte della città, ma i contrasti di interessi portarono presto a incomprensioni e abbandoni. Inizialmente, Don Bosco aveva mandato i suoi ragazzi a fare apprendistato presso botteghe e aveva anche stipulato contratti di lavoro, ma senza una protezione legale efficace, dovette rinunciare a causa dello sfruttamento disonesto. Così, decise di dotare le sue scuole di maestri laici, esperti nell’arte e con la stessa passione per i giovani e la loro redenzione. Questa decisione segnò la fine delle esperienze e diede vita a un sistema valido ancora oggi nelle case salesiane: fornire a ogni sezione un esperto che unisca competenza professionale e passione per i giovani, specialmente quelli svantaggiati. A questo scopo, Don Bosco aprì una scuola di Magistero professionale a San Benigno Canavese, alla periferia di Torino, creando un ambiente ideale per una formazione completa ed efficiente, caratterizzato dalla tranquillità e dalla salubrità dell’aria.
Periodo di riferimento: 1845 – 1955
M. Molineris, “Il Magistero professionale grafico” in “Il mondo grafico di Don Bosco“, Colle Don Bosco (Asti), 1959, 76-90.
Istituzione di riferimento:
Centro Studi Don Bosco