La stampa non è venuta meno al suo dovere. Ha gridato all’allarme. Ha creato un’opinione; ed ogni tanto la rinnova. Non le mancano i fatti, talvolta anche tragici. Poi, com’è giusto e buono, tace. Altri problemi grandi e minuti l’impegnano altrove: altri avvenimenti, conferenze, incontri, cronache mondane con gli abituali divorzi e le separazioni, immancabili all’appuntamento quotidiano come i delitti e le disgrazie stradali. Si tratta, ancora, spesso di «teddy-boys», più attempati, più dignitosi, più « giudiziosi ». Sono adulti, persone per bene, uomini capaci e di
grandi iniziative. Per qualcuno, ad esempio, non è nemmeno cattiva azione involare ad un altro la moglie legittima, abbandonando la propria e reciprocamente.
Ci sono «teddy-boys» in grande formato che regolano la loro vita e la loro attività sulle stesse «virtù» dei giovani imitatori: furbizia, spregiudicatezza, violenza, furto, ingiustizia più o meno mascherata. C’è perfino qualcuno, pericolosissimo, tragico enfant terrible, che dispone e decide dolorosi e sanguinosi «giochi» che portano lutti e sofferenze a interi popoli e che tesse instancabilmente altri giochi, grandi come la terra, e i suoi compagni di gioco non sempre sono volontari, ma spesso forzati e renitenti.
Periodo di riferimento: 1959
P. Braido, Teddy-boys di sempre, in «Orientamenti pedagogici», 6 (1959), 917-922.
Istituzione di riferimento:
Facoltà di Scienze dell’Educazione UPS