L’articolo tratta della dialettica tra “cultura di vita” e “cultura di morte” attraverso una prospettiva ispirata al Vangelo.
Esso esplora il significato della vita come valore primario e discute il confronto quotidiano con la morte, suggerendo una visione alternativa che vede nella morte una condizione irrinunciabile per possedere appieno la vita. Si argomenta che la morte, pur priva di senso in se stessa, può rivelare il significato della vita. Infine, si riflette sulla finitudine dell’uomo e sull’importanza di affrontare questa realtà per vivere autenticamente e con fiducia, aprendo alla capacità di affidamento e alla gioia di vivere nella pace.
INDICE
- 1. La vita: quello che conta di più
- 1.1 Il riferimento ispiratore
- 1.2 Se questa è vita…
- 2. E la morte?
- 2.1 I modelli educativi e pastorali tradizionali
- 2.2 Dalla prospettiva della vita
- 3. La morte rivela il senso della vita
- 3.1 La perdita del senso del limite
- 3.2 La scoperta della finitudine
- 3.3 Dal limite all’affidamento
- 4. Educare a “possedere” anche la morte
- 4.1 Il senso della proposta
- 4.2 Quale stile di esistenza?
- 4.2.1 L’impossibile diventa possibile
- 4.2.2 Distacco dalle cose
- 4.2.3 Distacco dalle persone
- 4.2.4 Dare la vita per la causa della vita
Periodo di riferimento: 1847 – 1858
R. Tonelli, “Educare a «possedere» anche la morte per amore della vita” in “I giovani tra cultura della vita e cultura della morte. Problematica e orientamenti formativi“, Barcellona, Spagna 22-27 agosto 1996, Salvatore Sciascia, Caltanissetta-Roma 1999, (Collana Colloqui, 18), 161-178.