Nella concezione educativa di don Bosco il principio metodologico di base è il principio dell’amorevolezza: costruire fiducia, confidenza e amicizia attraverso un atteggiamento non facile di farsi prossimo ai giovani rispetto a tutta la loro vita. L’amorevolezza è quella bontà simpatica, quotidiana, affettiva ed effettiva nel desiderare il bene per la persona del giovane. Don Bosco raccomanda che gli educatori “come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evenienza, diano consigli ed amorevolmente correggano”.
Lettura del brano su don Bosco: “Amorevolezza termine dai molti significati” di Pietro Braido
La traduzione concreta dell’amorevolezza dell’educatore si chiama nel Sistema Preventivo l’assistenza, cioè la prossimità al giovane e al suo mondo. L’educatore salesiano sa che deve passare tanto tempo insieme con i giovani per sapere i loro bisogni semplici e profondi, quotidiani ed esistenziali. Non si affida solo alle statistiche, ma alla conoscenza personale, e partecipa non solo ai momenti strettamente educativi, ma anche alle attività espressive del tempo libero. Così i giovani, “che essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a veder l’amore in quelle cose che naturalmente lor piacciono poco; quali sono la disciplina e lo studio”. L’assistenza oltre a permettere di conoscere i giovani è una presenza attiva, attraverso la quale l’educatore dà vita ai momenti in comune, previene fenomeni negativi e entra a far parte delle dinamiche del gruppo giovanile.
Lettura attualizzante: “Assistenza come presenza attiva dell’educatore” di Herbert Franta
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